In Pubblicazioni

Modulazioni della materia
Il mosaico contemporaneo del gruppo CaCO3
di Paolo Bolpagni | Variazioni Parametriche

L’incontro con la produzione artistica di CaCO3, gruppo – o collettivo, come si diceva una volta – formato dal pugliese Giuseppe Donnaloia, da Âniko Ferreira da Silva (ravennate, benché di origine brasiliana) e dal greco Pavlos Mavromatidis, è contrassegnato, almeno nell’esperienza di chi scrive, dallo stupore. A sorprendere immediatamente, nel primo impatto con le opere dei tre, sono la consistenza materica, la chiara percezione di un magistero manuale raffinatissimo (eppure non esibito come fine a se stesso) e la consapevolezza del trovarsi di fronte a insolite, cangianti, enigmatiche superfici musive.

Una tecnica che ci arriva da tempi tanto lontani, così fortemente connotata – inevitabile associarla, nell’immaginario comune, alla tradizione dell’opus vermiculatum di Roma antica, alle grandi realizzazioni bizantine e ravennati, ai cicli medievali – diventa, nelle mani di CaCO3, qualcosa di nuovo, moderno, comunicativo. La constatazione, me ne rendo conto, è evidente e quasi tautologica, ma costituisce una chiave di accesso imprescindibile, mettendo in moto un “meccanismo del pensiero” che crea impreveduti cortocircuiti percettivi e mentali.

Occorre anzitutto dire che praticare, oggi, il mosaico è già di per sé una scelta significante, oltre che coraggiosa: significa rivendicare un’idea di arte inestricabilmente congiunta con la tecnica, con un fare, secondo cui forma e materia, immagine e volumetria, concettualità e presenza oggettuale non possono scindersi e percorrere vie autonome, ma debbono restare interconnessi, contro le derive mediali che nell’attualità vedono talvolta l’opera trasformarsi in un software, se non in un virus informatico o in uno spazio puramente virtuale, ovvero visuale ma privo di dimensioni.

Bisogna anche ricordare che il lavoro Donnaloia, Ferreira da Silva e Mavromatidis nasce a Ravenna, e affonda le radici in un solco ben preciso. Non mi riferisco, ovviamente, a San Vitale e Sant’Apollinare, bensì a quella straordinaria iniziativa che, verso la metà degli anni Cinquanta, con la “benedizione” e la consulenza di Giulio Carlo Argan e di Palma Bucarelli, aveva visto Giuseppe Bovini, docente di archeologia cristiana all’Università di Bologna e promotore dei corsi di cultura sull’arte bizantina a Ravenna, commissionare a celebri pittori contemporanei (Capogrossi, Afro, Santomaso, Corpora, Moreni, Vedova, Birolli, Cagli, Campigli, Cassinari, Deluigi, Gentilini, Guttuso, Mirko, Paulucci, Saetti, Reggiani, Chagall, Sandquist e Mathieu) l’esecuzione di cartoni preparatori per la realizzazione di “mosaici moderni” da parte di maestri della tecnica musiva, allo scopo di comprovarne l’attualità e le potenzialità espressive alla luce delle ricerche artistiche più aggiornate. Quelle opere sarebbero poi state presentate in una mostra, che fu inaugurata il 7 giugno 1959, e vennero a costituire il primo nucleo di una raccolta che dal 1984 è in esposizione permanente nel quadriportico della Loggetta Lombardesca.

caco3-movimento-86-slide

Tale premessa storica, evidentemente, è soprattutto a uso dei non ravennati, e serve a circostanziare la ricerca singolarissima di CaCO3 e a evidenziarne la novità. Infatti, se in quell’esperimento degli anni Cinquanta i pittori avevano disegnato i cartoni, e mastri artigiani li avevano poi tradotti in mosaico, oggi assistiamo al lavoro di giovani talentuosi – si ricordi peraltro l’importante mostra, tenutasi del 2014 al MAR, “Eccentrico Musivo: Young Artists and Mosaic” – che uniscono la perfetta padronanza della tecnica musiva con quel quid di originalità e volontà espressiva (diremmo, alla tedesca, Kunstwollen) che ci immette nell’ambito della dimensione estetico-comunicativa.

Le opere di CaCO3 (che, ci siamo scordati finora di dirlo, è la formula chimica del carbonato di calcio, ossia del materiale che costituisce – in tutto o in parte – una grande varietà di tipi di pietre e calcari) si presentano come superfici mosse e vibratili, in cui le tessere sono in vetro, talvolta colorato o inglobante la foglia d’oro, oppure in marmo, perlopiù Biancone. Questi piccoli tasselli, che Donnaloia, Ferreira da Silva e Mavromatidis ottengono manualmente, nel primo caso partendo da una lastra (che mani non esperte frantumerebbero subito) e ricavandone piccole “strisce” per mezzo di una speciale tenaglia, nel secondo tramite una martellina e una sorta di incudine, sono disposti e “infilzati” uno per uno in uno strato di malta cementizia fresca, addizionata con ossido per ottenere diverse sfumature cromatiche. Questo fondo, disposto su un pannello alveolare in alluminio all’interno di un telaio di ferro trattato a caldo, non di rado appare nella sua componente cromatica anche a risultato finito, incidendo in maniera spesso significativa sulla percezione dell’opera (insomma, a volte lo si intravede tra tassello e tassello, ed è una precisa scelta degli artisti). Le tessere, poi, possono venir disposte in svariate maniere, ed essere esse stesse differenti; magari, nel caso del vetro, leggermente ondulate. Il loro diverso configurarsi, mediante il mutare dell’inclinazione con cui sono inserite nella malta di supporto, può generare effetti molteplici, di movimento, di rotazione, di modularità, di pulsazione; cosicché i mosaici di CaCO3 si rivestono non raramente di valenze optical, sperimentando insospettabili facoltà cinetiche con il suggerire l’idea di dinamismo grazie a particolari procedimenti compositivi e tecnici.

In fondo, il medium utilizzato da Âniko, Giuseppe e Pavlos è la luce, che crea infinite suggestioni, infiniti modi di presentarsi dei loro mosaici, in ognuno dei quali è per così dire racchiuso un autentico universo di possibilità percettive: basti anche soltanto osservare uno dei lavori di CaCO3 da angolazioni differenti, e ci si accorgerà dell’enorme variare dei colori, delle forme, degli andamenti, degli effetti prodotti nella visione (e nel cervello) di chi guarda. Tanto da indurre a chiedersi quali siano i caratteri oggettivi dell’opera, e se possano realmente essere definiti. Ma un simile discorso ci porterebbe lontani, forse troppo, in elucubrazioni interessanti, ma che magari rischierebbero di farci smarrire il godimento dei mosaici di CaCO3, la cui mera fisicità, materica e tattile, è essa stessa magica e fonte di continue rivelazioni, scoperte, stupefazioni.

Contact Us

We're not around right now. But you can send us an email and we'll get back to you, asap.

Not readable? Change text. captcha txt

Start typing and press Enter to search