Cattedrale
di Ilaria Bignotti | Fato e destino. Tra mito e contemporaneità
Se è vero che il fato è naturalmente inscritto nell’opera d’arte, in quanto pur essendo cosa inanimata nasce dall’atto creatore dell’artista-uomo che le trasmette il proprio destino e la propria storia, per poi donarla al mondo, e lasciare che in esso viva, in dialogo con l’altro, i lavori del gruppo CaCO3 – formato da Giuseppe Donnaloia (Martina Franca, 1976), Âniko Ferreira da Silva (Ravenna, 1976) e Pavlos Mavromatidis (Kavala, Grecia, 1979) – sono il risultato di un destino complesso che li rende exempla puntualissimi, e affascinanti, di questo progetto espositivo.
Innanzitutto perché sono il frutto di un lavoro collettivo, nato dal fatale incontro di tre artisti che hanno scoperto di condividere principi e finalità del loro operare: il loro nome, CaCO3, sta infatti a designare non solo la formula del carbonato di calcio, presente in molte pietre e calcari utilizzati per i mosaici, ma per sineddoche sottolinea, fatalmente, il loro comune operare nell’ambito dell’antichissima, e da loro virata in un linguaggio di straordinaria contemporaneità, arte musiva.
Con lento lavorio e appassionata dedizione, il processo compositivo che è da sempre alla base di ogni mosaico, in CaCO3 si arricchisce infatti di una potente tensione concettuale, destinata a far virare l’antica arte in una attualissima ricerca che rilegge il mosaico alla luce delle esperienze visuali del secondo dopoguerra, dalle tensioni ambientali-spazialiste che hanno in Lucio Fontana il nume tutelare di successive generazioni, alle rigorose astrazioni degli anni sessanta e settanta, volte ad analizzare le tensioni tra percezione e cinetismo, virtuale o reale, tra programmazione e aleatorietà, supporto e superficie dell’opera.
Del resto si pensi che proprio Fontana sottolineava quel potere cosmico dell’opera d’arte, capace di stare nel proprio tempo ma anche di trascenderne i limiti, aspirando a un oltre che è sia fisico che meta-fisico. Qualcosa di simile accade nei lavori di CaCO3, capaci di estendersi in vibratili composizioni ambientali o di addensarsi in preziosissime opere a parete: corpi brulicanti di una luce assorbita e riflessa dalle minuscole particelle che le compongono, pazientemente assemblate dalle mani dei componenti del gruppo, “[…] sono piccoli tesori di una vita che continua a trasformarsi, fragili come ogni piccolo uomo nell’immensità dei secoli, potenti come il desiderio che ogni volta dà vita a una nuova, possibile umanità: altissimi exempla di una germinazione metafisica” (I. Bignotti, in “Montezuma, Fontana, Mirko. La scultura in mosaico dalle origini ad oggi”, 2017, p. 246).
In questa mostra, CaCO3 espongono Cattedrale: un lavoro di ampio respiro, ambientale, dalle declinazioni cromatiche che virano nel blu intenso, quasi nero profondo, solleticato da innumerevoli brillii. Miriadi di piccoli frammenti si sovrappongono, allineano, distendono e contraggono sulla superficie, a creare un tessuto di vibrante mutevolezza, immagine cangiante di una aspirazione all’immaterialità, alla trascendenza, al mistero dell’uomo nel suo dialogo con il tempo, con l’istante repentino e l’eterno, con i cicli e le stagioni della vita.
L’opera è una cattedrale: sacro contenitore di un sapere antico come l’arte musiva, sa trasformare il frammento di inerte materiale in meraviglioso tessuto screziato e potenzialmente infinito, cui l’uomo si avvicina solo attraverso lo stupore del vedere e la magia del sentire.
Il fato appunto, inteso come inatteso variare della superficie dell’opera al mutare del giorno e della notte, della luce e dell’ombra, coinvolge e trasforma il lavoro stesso, in un divenire che ci chiama ad essere partecipi consapevoli della possibilità dell’uomo di costruirsi il proprio destino.
Tassello per tassello.
Accogliendone il misterioso accadere.